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Lasciar essere... i suoni

(dal Corriere Mercantile*, terza pagina, 7 luglio 1978, articolo e fotografie di Viana Conti (De Rosa))

Al di là della comunicazione verbale, la qualità della presenza di John Cage è già percepibile dall'ascetismo della sua figura fisica. Sorridente e disponibile al dialogo, è tuttavia attento e critico nelle risposte. Il suo rigorosissimo filtro mentale recepisce e scarta le frange del discorso, pervenendo a definizioni dirette e libere: limpidissime. L'artista non ama le chiarificazioni e le conclusioni, ma il colloquio aperto e scorrevole che possa reperire interstizi e inaugurare canali nuovi, tali da poter investire costruttivamente su ogni momento di comunicazione e di meditazione: le sue parole, come la sua musica, acquisiscono spazio nel discorso e attivano una continuità dell'atto creativo. Cage ascolta il suo interlocutore, ma ciò che non condivide viene da lui respinto con veemenza: il suo impeto è tuttavia dolcissimo.

John Cage (Corriere Mercantile, Note d'Arte, 7 luglio 1978)

Didascalia: John Cage (Corriere Mercantile, Note d'Arte, 7 luglio 1978, foto di Viana Conti (De Rosa))

Dotato di acuta intelligenza e di grande versatilità, Cage smitizza e demistifica le posizioni privilegiate e gli atteggiamenti convenzionali della cultura. Lo strumento che egli decide di suonare, preparare con una manipolazione rituale, viene sottratto all'area del potere e dell'istituzione per essere trasferito sul terreno quotidiano della comunicazione totale. Cage vuole stabilire un dialogo diretto ed ininterrotto tra il sociale e la natura, recuperando la musica al di fuori delle mediazioni culturali della tradizione e di quelle emozionali dell'uomo: ogni intenzionalità e finalità del suono viene messa tra parentesi.

La musica, la cui notazione è basata anche su un valore di segno figurativo, conquista aperture spaziali che la tradizione non poteva neppure sfiorare: casuali e irripetibili sono i gesti dell'artista, determinati unicamente dalle circostanze. Messi in crisi i suoi confini, aperta a qualunque esperienza ed a chiunque, la musica diventa il tramite tra i vecchi ed i giovani, gli inseriti e gli emarginati, i sani ed i folli: l'umanità può, attraverso questo veicolo, intercomunicare. L'utilizzazione della tecnologia ha lo scopo di attivare e potenziare la percezione sensoriale. Non c'è struttura nella mia musica – afferma Cage – e il metodo si situa dalla parte dell'intelligenza.

Fin da giovanissimo si applica alle discipline più disparate: compone, dipinge, scrive, tiene conferenze, conquista titoli, vince premi, suscita scandali, si inizia alla pratica Zen. Dall'epoca dei suoi contatti con Schönberg, rifiuta il sistema tonale e struttura la musica secondo il tempo, per poter includere nell'opera l'universo dei rumori.

Questo grande inventore dell'esecuzione indeterminata scopre, nei suoi incontri con Bühlig, un metodo che si rivela essere l'applicazione rigorosa del principio di non ripetizione di un suono prima che tutti quelli dello stesso gruppo non vengano suonati. Dal cineasta Fischinger apprende la musica degli oggetti inanimati; nell'intenzione di superare la costruzione armonica, ritenuta artificiale, si volge verso la percussione. Living room (music) è infatti un pezzo del 1940, dove tutti gli strumenti, che si possono trovare in un soggiorno (giornali, finestre, muri, mobili, libri) vengono suonati. In sintonia con la tradizione indiana, esprime i nove stati fondamentali dell'emozione, compone collage musicali muovendo dalle operazioni casuali dell'I-Ching.

Nella dimensione informale, ma raffreddata, della realtà, Cage lascia confluire la presenza ossessiva dell'oggetto tecnologico, seriale, quotidiano. Nelle sue elaborazioni di musica impersonale, ricorre all'uso teatrale dei microfoni e all'utilizzazione di più apparecchi radio. Ma la musica in sè non è che una parola - soggiunge John Cage - perchè delimitarla a un qualche campo specifico? Occorre fare del mondo intero una musica. O un'università alla Buckminster Fuller. Conclude: Per ascoltare ci vuole disciplina. Quando si ascoltano dei suoni più o meno organizzati in un ritmo periodico, quel che si ascolta è necessariamente qualcosa d'altro rispetto ai suoni stessi. Non si ascoltano i suoni, ma il fatto che i suoni sono stati organizzati. Lo Zen mette in opera una condizione del rifluire verso la non-organizzazione, cioè verso i suoni così come sono …La musica è a un tempo pedagogica e attuale…qualcosa che mi piacerebbe chiamare nobiltà, intendendo per nobile essere libero, in ogni istante, dal fatto di amare e di odiare…Se scrivo mediante operazioni casuali è precisamente per liberare la mia musica da ogni sorta di passioni e avversioni…Per i buddisti esistono degli esseri senzienti e degli esseri non-senzienti, a seconda che abbiano o meno una sensibilità. Ma sentire e non sentire non sono comportamenti gerarchizzabili. L'uno non vale più dell'altro o meglio entrambi hanno lo stesso valore: un valore infinito. Il mio proposito non è di imporre agli ascoltatori occidentali un certo atteggiamento, ma persuaderli che ci sono dei suoni e che questi suoni meritano, quali essi siano, di essere ascoltati.

John Cage e Grete Sultan (Corriere Mercantile, Note d'Arte, 7 luglio 1978)

Didascalia: John Cage e Grete Sultan (Corriere Mercantile, Note d'Arte, 7 luglio 1978, foto di Viana Conti (De Rosa))

La sera della John Cage performance, il 4 luglio 1978, promossa dal Teatro Comunale dell'Opera di Genova nelle sale del Teatro Margherita, John Cage ha messo a punto, per la pianista Grete Sultan, una composizione di ampio respiro, per pianoforte: i 32 Etudes Australes, portati a termine solo nel 1976. In quest'opera, in cui le note sono numerosissime e difficili da eseguire, le mani lavorano indipendentemente. Grete, che è nata a Berlino e vive a New York dal 1942, è una figura dolcissima di donna che, sotto la sua apparente fragilità, rivela doti di fermezza e di iniziativa. Allieva di Fischer, Arrau, Bühlig, si è esibita in ogni repertorio da Bach a Schubert, da Beethoven alla stessa musica creativa. Lavorando insieme a Cage, sull'area della ricerca, Grete Sultan vive la dimensione totale della musica.

Paul Zukofsky esegue al Margherita Freeman Etudes, opera recente. Questo giovane artista, dalla presenza lunare, è considerato, negli Stati Uniti, il principale esecutore ed interprete della musica per violino. La Carnegie Hall lo ha visto debuttante a soli 13 anni.

Demetrio Stratos esegue i 62 Mesostics Re Merce Cunningham (Corriere Mercantile, Note d'Arte, 7 luglio 1978)

Didascalia: Demetrio Stratos esegue i 62 Mesostics Re Merce Cunningham (Corriere Mercantile, Note d'Arte, 7 luglio 1978, foto di Viana Conti (De Rosa))

Sillabato e spezzato per poter ostacolare e rompere una possibile lettura semantica, è il testo presentato da Demetrio Stratos, straordinario interprete vocale dei 62 Mesostics Re Merce Cunningham. Oggi esiste a tutti i livelli una falsa offerta di follia: la vera Follia – afferma Stratos – è permettere all'essere umano di parlare come un essere umano. Cantando il limite delle sue tessiture vocali non ipotizza un ritorno alle lallazioni e ai suoni liberi dell'infante, ma dà voce alle strutture elementari del linguaggio, ai passaggi minimi, alle astrazioni sintattiche. Questo strumento, che Stratos ha educato e tirato ai limiti del possibile, indaga il suono, incanalato nella cavità orale, e lo sgancia da ipoteche espressioniste. Per il pubblico è difficile valutare con chiarezza la vera difficoltà delle sue partiture: i lavori più avanzati, infatti, non sono quelli basati sulle articolazioni più modulate, ma quelli sulla registrazione delle minime differenze tra fonema e fonema. Sotto un controllo razionale ed una strutturazione architettonica del metodo, la flessibilità degli impulsi cerebrali viene ad essere stimolata ed accresciuta. Stratos non cerca di organizzare la voce, ma di spezzarla per coglierne anche le incrinature. John Cage, in quanto autore, non interviene sull'esecuzione, lasciandogli il controllo dei suoi limiti. Dall'esercizio di una forte tensione dall'esterno verso l'interno, scaturisce una dinamica di percorsi: ogni suo testo, infatti, non è statico e congelato in una formula, ma aperto a continue evoluzioni linguistiche.